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La terapia con Paclitaxel-Trastuzumab-Pertuzumab: che cos’è?
La terapia chiamata Paclitaxel-Trastuzumab-Pertuzumab è una combinazione di tre farmaci utilizzata in alcuni tumori della mammella. In numerosi lavori scientifici questo trattamento ha dimostrato un’elevata efficacia e una buona tolleranza.
Questa terapia antitumorale è composta da tre farmaci: Paclitaxel, Trastuzumab e Pertuzumab. Paclitaxel è un chemioterapico che agisce cristallizzando le cellule tumorali impendendo la loro moltiplicazione e causandone la morte.
Trastuzumab e Pertuzumab sono due anticorpi monoclonali, sono cioè degli anticorpi simili a quelli prodotti dal nostro sistema immunitario ma ottenuto in laboratorio. In particolare, essi riescono ad individuare e neutralizzare una struttura delle cellule tumorali chiamata HER2.
Alcuni tumori, infatti, esprimono un eccesso di questa proteina che consente loro di crescere più velocemente e di diventare resistenti alle terapie oncologiche.
Trastuzumab e Pertuzumab riescono a bloccare HER2 in due punti diversi, aumentando in questo modo l’efficacia del blocco della proteina. Nel complesso, combinando l’azione specifica di questi due farmaci all’azione più ad ampio spettro del chemioterapico Paclitaxel, possiamo colpire in modo mirato i punti deboli della malattia. Possiamo sicuramente affermare che questo tipo di combinazione ha rivoluzionato il panorama oncologico già dalla sua introduzione e tutt’oggi rappresenta uno strumento terapeutico insostituibile.
Quando si usano Trastuzumab e Pertuzumab?
Come sempre in oncologia, è importante offrire dei trattamenti personalizzati per la persona e la sua patologia. In questo caso, Trastuzumab e Pertuzumab possono essere utilizzati solo in quei tumori che presentano un’abbondante quantità della proteina HER2. In gergo tecnico si parla di tumori con sovraespressione di HER2, detti anche HER2 positivi. Questi sono indicati nell’esame istologico con un valore di HER2 pari a 3 oppure a 2 con la positività per la ricerca di amplificazione. Per saperne di più potete chiedere al vostro oncologo di fiducia.
Come si somministra questa terapia?
Vediamo ora come funziona la somministrazione della terapia.
Paclitaxel è un farmaco che viene somministrato per vena una volta a settimana. Trastuzumab e Pertuzumab vengono infusi per vena ogni 21 giorni. Generalmente il trattamento viene proseguito fino a che vi sia un beneficio clinico e si mantenga una buona tolleranza; se avete dubbi sulla durata il vostro oncologo vi potrà dare maggiori dettagli a riguardo.
Normalmente, comunque, il Paclitaxel dopo una durata di variabile di 4-6 mesi viene interrotto permettendo di proseguire con i due farmaci biologici Trastuzumab e Pertuzumab.
In questa fase cosiddetta di mantenimento, il vostro oncologo potrebbe aggiungere ulteriori terapie, come quella antiormonale, a seconda delle caratteristiche biologiche del tumore da trattare.
Per quanto concerne la logistica del trattamento, il Paclitaxel viene somministrato in circa un’ora mentre Trastuzumab e Pertuzumab in un tempo che varia tra i 90 e i 30 minuti. Questa variazione dipende dal fatto che la prima somministrazione viene effettuata più lentamente, mentre dalla seconda, se non ci sono stati problemi di tolleranza, è possibile accorciare i tempi fino a 30 minuti. Oltre a queste tempistiche, bisognerà aggiungere una trentina di minuti per la somministrazione di eventuali farmaci di premedicazione (ne parleremo tra poco).
Gli effetti indesiderati a breve insorgenza
Passiamo adesso agli effetti collaterali di questa terapia e alla loro gestione. Per chi è interessato, segnalo che potrete trovare nostri video dedicati ai disturbi più frequenti causati dalle terapie oncologiche.
La prima considerazione da fare è che Paclitaxel-Trastuzumab-Pertuzumab è un trattamento sicuro e nel complesso ben tollerato. Gli effetti collaterali non sempre si manifestano e, qualora presenti, di solito sono in forma leggera al punto da non richiedere terapie supplementari.
Meno frequentemente può essere necessario adottare alcuni accorgimenti o assumere dei farmaci specifici per gestire gli eventuali disturbi.
Gli effetti avversi possono essere classificati in base al tempo di insorgenza. Cominciamo da quelli che possono manifestarsi nel corso di ore o giorni.
Durante l’infusione, sebbene molto raramente e nelle persone predisposte, potrebbe manifestarsi una reazione allergica. Proprio per evitare la comparsa di questo problema, la somministrazione dei farmaci oncologici viene preceduta da una premedicazione antiallergica, generalmente con del cortisone e un antistaminico.
Anche nausea e vomito, che teoricamente potrebbero comparire nei primi giorni dopo la terapia, sono attualmente poco frequenti, sia perché questa terapia ha, come dicevamo una buona tolleranza, sia perché vengono somministrati preventivamente dei farmaci antinausea.
Nei giorni successivi alla terapia potrebbero manifestarsi doloretti muscolo-articolari, un leggero mal di testa e stanchezza. Spesso questi disturbi sono a risoluzione spontanea ma possono migliorare con una leggera attività fisica o con il paracetamolo, qualora non vi siano controindicazioni ad assumerlo.
Frequentemente, dopo un po’ di giorni dalla prima terapia si potrebbe avvertire un cambiamento dei gusti o degli odori. Questa alterazione è reversibile dopo aver completato tutte le somministrazioni di terapia. Qualora questo disturbo interferisca con la vostra dieta o notaste un calo del peso, è importante comunicarlo al proprio oncologo e al proprio nutrizionista per eventuali accorgimenti dietetici.
Alcuni effetti collaterali possono insorgere dopo diversi giorni o anche settimane dall’inizio del trattamento oncologico. Il calo dei globuli bianchi, chiamato tecnicamente neutropenia o calo dei neutrofili, è un evento relativamente frequente ma che nella maggior parte è a risoluzione spontanea e non richiede terapie specifiche; nei rari casi in cui il calo dei globuli bianchi sia particolarmente marcato o prolungato è possibile effettuare delle punture, chiamate fattori di crescita granulocitari, per ripristinare i livelli dei neutrofili.
È bene tenere a mente che quando i globuli bianchi scendono c’è un maggior rischio di contrarre infezioni; se quindi nel corso della terapia doveste avere febbre è importante comunicarlo tempestivamente al proprio oncologo.
Meno comune è il calo dei globuli rossi e decisamente più raro quello delle piastrine. Anche in questi casi, di solito, l’alterazione non richiede terapie specifiche, sebbene esistano delle punture di un farmaco chiamato eritropoietina in grado di aumentare la produzione di globuli rossi da utilizzare in casi selezionati.
Poiché la terapia potrebbe irritare la cute e le mucose, cioè il rivestimento interno della bocca, del naso e dell’intestino, potrebbero comparire rossore, prurito oppure secchezza cutanea o ulcerette in bocca o diarrea. Come suggerimenti generali, è importante tenere un buon livello di idratazione della pelle applicando anche creme idratanti qualora necessarie ed evitando traumatismi o tagli; è importante anche mantenere una corretta igiene orale aiutandosi con collutori senza alcol.
In caso di diarrea è importante bere molto per evitare di disidratarsi e potrete consigliarvi con il vostro oncologo su quale farmaco assumere e come adeguare la dieta. Un disturbo tipico del Paclitaxel riguarda le cosiddette parestesie, cioè un’irritazione dei nervi.
Questo si manifesta gradualmente nel corso delle settimane con formicoli, soprattutto a mani e piedi, e più raramente con dolori o crampi muscolari. Generalmente, all’inizio le parestesie tendono ad essere intermittenti, poi potrebbero diventare continue, anche se in forma lieve, e, andando avanti con le terapie, incrementare di intensità. Una volta terminata la chemioterapia con Paclitaxel, il disturbo migliorerà progressivamente. È importante segnalare al proprio oncologo questo sintomo perché, in alcuni casi, potrebbe essere necessario ridurre la dose della terapia per evitare un’irritazione eccessiva dei nervi.
Nel corso delle settimane si potrebbe assistere ad un’alterazione delle unghie, che potrebbero diventare più fragili, scure o, in alcuni casi, cadere.
Il suggerimento è quello di evitare traumatismi, come togliere etichette o grattare oggetti con le unghie.
In alcuni casi l’applicazione di prodotti topici, come smalti al silicio potrebbe essere benefica. Dopo 3-6 settimane dall’inizio della terapia si potrebbe verificare la perdita dei capelli e dei peli corporei. L’entità della perdita può variare da persona a persona ma una volta terminato il trattamento con il Paclitaxel, dopo qualche mese i capelli torneranno a crescere, talvolta anche mossi o ricci. Per sapere come gestire nel migliore dei modi la perdita di capelli o dei peli vi invito a chiedere al vostro oncologo.
Gli effetti collaterali tardivi
Per quanto riguarda eventuali effetti collaterali tardivi, quindi ad insorgenza dopo diverse settimane o mesi dall’inizio della terapia, va segnalato l’affaticamento del cuore da parte del Trastuzumab e Pertuzumab. Sebbene la maggior parte delle persone non sperimenterà mai questa tossicità, tutte effettueranno regolarmente un ecocardiogramma, cioè un’ecografia del cuore, per tenere sotto controllo questo aspetto.
Anche qualora dovesse comparire questa alterazione, dopo aver sospeso per un po’ Trastuzumab e Pertuzumab, generalmente si assiste a una normalizzazione della funzionalità cardiaca. Il disturbo, quindi, è tipicamente reversibile. Molto più raramente questa terapia potrebbe dare disturbi respiratori, che comunque saranno monitorati in sede di visita.
Un’ultima considerazione per le donne che non sono ancora andate in menopausa. Il trattamento potrebbe facilitare o accelerare la comparsa di menopausa, con conseguente blocco del ciclo mestruale. A volte, anche in relazione all’età della donna, se il ciclo si è fermato durante il trattamento, una volta finito potrebbe ritornare. È comunque importante segnalare che, pur in assenza di ciclo mestruale, per tutta la durata della terapia, dovrà essere mantenere una adeguata contraccezione con metodi a barriera, come il preservativo.
Fintanto che si effettua la terapia, l’eventuale comparsa di effetti collaterali sarà monitorata con regolari visite oncologiche e, prima di ogni somministrazione, saranno effettuati degli esami del sangue. In generale, in caso di sintomatologia severa o prolungata o comparsa di febbre con temperatura superiore a 38° è importante cercare immediatamente attenzione medica.
Infine, un piccolo suggerimento: fintanto che si effettua la terapia con Paclitaxel è suggeribile evitare l’utilizzo di pompelmo perché potrebbe aumentare il rischio di sviluppare effetti collaterali.
Abbiamo visto insieme gli effetti collaterali possibili correlati alla terapia. Ci tengo a risottolineare che questi sono, per l’appunto, possibili, cioè non è detto che debbano manifestarsi. E, infatti, nella maggior parte delle persone questa terapia ha una buona tolleranza e permette di mantenere uno stile di vita assolutamente normale. Inoltre, la maggior parte dei disturbi segnalati riguarda il Paclitaxel. Poiché questo farmaco viene interrotto dopo quattro-sei mesi di terapia, possiamo senza dubbio segnalare che la prosecuzione del trattamento risulterà sicuramente più leggera.