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Che cosa sono Pembrolizumab e Nivolumab?
Sia Pembrolizumab che Nivolumab sono due immunoterapici, cioè delle terapie antitumorali che stimolano e istruiscono il sistema immunitario a riconoscere e distruggere il tumore.
Questi due farmaci, proprio grazie alla loro versatilità e alla dimostrata efficacia, sono utilizzati nel trattamento di numerosi tipi di tumori con l’obiettivo di controllare o curare la malattia.
Pembrolizumab e Nivolumab possono essere somministrati da soli (quindi o Pembrolizumab o Nivolumab) oppure venire associati ad altri farmaci antitumorali come la chemioterapia.
Ad oggi sono disponibili anche altri immunoterapici, come Atezolizumab, Durvalumab o Cemiplimab e, sebbene di essi non parleremo in modo esplicito oggi, praticamente tutto quello che diremo sarà comunque applicabile anche a loro.
Come vengono somministrati questi farmaci?
Pembrolizumab è un farmaco che può essere somministrato ogni 3 o 6 settimane, mentre Nivolumab ogni 2 oppure ogni 4. La durata del trattamento dipende dal tipo di tumore e dell’obbiettivo che si propone il trattamento stesso. Per questa ragione vi invito a chiedere maggiori informazioni al vostro oncologo. Entrambi i farmaci vengono somministrati in vena in circa 30-60 minuti.
Quali sono i possibili effetti collaterali?
Passiamo adesso agli effetti collaterali di questa terapia e alla loro gestione. La prima considerazione da fare è che, come molte delle attuali terapie oncologiche moderne, sia Pembrolizumab che Nivolumab sono due trattamenti sicuri e nel complesso ben tollerati.
Gli effetti collaterali non sempre si manifestano e, qualora presenti, di solito sono in forma leggera al punto da non richiedere terapie supplementari. Meno frequentemente può essere necessario adottare alcuni accorgimenti o assumere dei farmaci specifici per gestirne gli eventuali effetti collaterali.
Come mai in alcune persone potrebbero insorgere dei disturbi con questi farmaci?
Come abbiamo visto prima, l’immunoterapia non agisce direttamente sul tumore bensì stimola e attiva il sistema immunitario della persona. Delle volte, quando questa stimolazione immunitaria diventa troppo energica, i globuli bianchi possono irritare anche i tessuti sani.
Questo fenomeno prende il nome di autoimmunità. I disturbi, quindi, dipenderanno da quale organo viene interessato. Vediamo adesso come si possono manifestare gli effetti collaterali e, alla fine, discuteremo come gestirli. Qualora i disturbi riguardino il sistema digerente, il sintomo più frequente è la diarrea.
Alle volte il fegato potrebbe risultato infiammato ma attraverso la regolare esecuzione di esami del sangue questo aspetto sarà mantenuto sotto controllo.
In alcune persone l’immunoterapia potrebbe infiammare le articolazioni o i muscoli, causando senso di rigidità articolare, soprattutto dopo inattività fisica, o doloretti muscolo-articolari. Qualora la pelle venga interessata potrebbe comparire un rash cutaneo, ovvero delle alterazioni di vario tipo, da rossori a vescicole, talora anche pruriginose. In alcune persone il prurito potrebbe comparire anche in assenza di alterazioni visibili della pelle.
Meno frequente, ma importante da segnalare quanto prima al proprio medico, la comparsa di infiammazione dei polmoni che può manifestarsi con tosse tendenzialmente secca o difficoltà a respirare.
Sempre poco frequenti sono anche i disturbi che riguardano gli occhi, come secchezza, rossore o intensa lacrimazione, i reni, con aumento dei valori della creatinina o la comparsa di urine schiumose; i nervi, con debolezza o ridotta sensibilità degli arti o mal di testa, oppure il cuore con conseguente dolore toracico, difficoltà a respirare, facile faticabilità sotto sforzo o rigonfiamento di entrambe le gambe.
Un effetto collaterale piuttosto frequente, invece, è l’alterata funzionalità della ghiandola tiroide. Questa, infatti, potrebbe funzionare troppo o troppo poco.
Nel primo caso, cioè quando funziona eccessivamente, si parla di ipertiroidismo, che si potrebbe manifestare con perdita di peso, senso di agitazione psicomotoria, tachicardia, aumento della frequenza cardiaca e diarrea.
Nel secondo caso, cioè quando la tiroide funziona di meno, si parla di ipotiroidismo che può manifestarsi con aumento di peso e gonfiore, sonnolenza e stipsi ostinata. In alcune persone l’immunoterapia può alterare, anche se sicuramente con minor frequenza, altre ghiandole, come i surreni, l’ipofisi che è una ghiandolina presente nel cervello, o il pancreas.
I surreni sono due ghiandole disposte sopra i reni e hanno, tra le varie funzioni, quelle di produrre cortisone. In caso di infiammazione possono funzionare di meno determinando un importante senso di stanchezza generale ed affaticamento.
Qualora dovesse comparire è importante segnalarlo precocemente al proprio medico. L’ipofisi è una ghiandolina molto importante che coordina l’attività ormonale del nostro corpo.
Qualora funzionasse poco, questo potrebbe indurre un ridotto funzionamento anche della tiroide e delle ghiandole surrenaliche di cui abbiamo appena parlato. Infine, il pancreas è una ghiandola che produce l’insulina. In caso di ridotta produzione di questa sostanza può aumentare la glicemia, come nel caso del diabete.
Raramente, l’immunoterapia potrebbe infiammare il pancreas riducendo la produzione di insulina e causando così un aumento degli zuccheri nel sangue.
Sebbene la glicemia venga monitorata i regolarmente negli esami ematochimici periodici, è molto utile fare attenzione alla comparsa di una aumentata frequenza ad urinare e all’incremento della sete, che potrebbero aiutare nell’identificazione di una alterata funzionalità del pancreas. Questo avviene perché l’aumento degli zuccheri nel sangue aumenta la diuresi, causando disidratazione e quindi aumentando la sete.
La gestione degli effetti collaterali
Ora che abbiamo passato in rassegna i possibili effetti collaterali, cosa possiamo dire sulla loro gestione e cura?
In primo luogo, che spesso non è necessaria alcuna terapia specifica perché l’entità del disturbo è lieve e ridotta. Nei casi in cui il disturbo dovesse essere più intenso, è possibile sospendere per un po’ la terapia e iniziare un trattamento con del cortisone. Questo serve per ridurre l’esuberante attivazione del sistema immunitario.
Quando un effetto collaterale interessa una ghiandola, se questa funziona meno del dovuto, è possibile supplementare l’ormone da essa prodotta in modo da riportarlo a livelli di normalità.
Per fare un esempio, se la tiroide riduce la produzione di ormoni tiroidei, questi possono essere reintrodotti attraverso una pastiglia da assumere una volta al giorno, per il periodo di tempo necessario.
Abbiamo visto insieme gli effetti collaterali possibili correlati alla terapia. Ci tengo a risottolineare che questi sono, per l’appunto, possibili, cioè non è detto che debbano manifestarsi. E, infatti, nella maggior parte delle persone questa terapia ha una buona tolleranza e permette di mantenere uno stile di vita assolutamente normale.